Lapponia ultima parte: Babbo Natale chi?

L’ultimo giorno nella “Lappi” finlandese è iniziato maluccio. Le temperature erano fredde e il cielo minacciava pioggia. Ho deciso quindi di andare a fare un giro nella capitale Rovaniemi.
Da buona turista prima di partire ho letto la guida della regione e l’attrazione principale, appena fuori dalla città, è il Villaggio di Babbo Natale. Mi ero ripromessa di lasciar perdere, di dedicarmi solo alla natura e ai paesaggi, ma avendo tempo a disposizione mi sono detta che sarebbe stato interessante vedere fino a che punto riusciamo ad arrivare quando si tratta di consumismo allo stato puro. Devo premettere che per me il Natale ha sempre rappresentato un periodo di grande gioia. La neve, le luci, i regali, le cene in famiglia, le candele, le partite a carte davanti al camino acceso, tutti elementi che compongono alcuni dei miei ricordi più belli. Negli ultimi anni poi, grazie al fatto di ricevere finalmente uno stipendio, mi è sempre piaciuto dedicare del tempo alla ricerca del regalo giusto per ogni componente della famiglia. Sono sempre stata cosciente però del fatto che fosse diventata ormai una festa puramente commerciale, e che l’immagine di Babbo Natale fosse stata creata con il semplice scopo di attirare i bambini e far spendere soldi alle famiglie. Aggiungo infine che non siamo una famiglia religiosa quindi per noi quei giorni hanno sempre e solo rappresentato dei momenti di riunione, grandi risate e grandi “magnate”. Pur sapendo cosa aspettarmi, ho deciso comunque che per poter fare una critica veritiera avrei dovuto vederlo con i miei occhi. Le aspettative sono state tutte tremendamente superate.
Sicuramente durante il periodo invernale l’atmosfera è molto più suggestiva, ma il contenuto rimane sempre lo stesso: enormi quantità di gadget inutili, i peggiori souvenirs appesi ovunque, le classiche immagini natalizie a fare da cornice e i commessi più tristi del mondo. Finito il tour tra portachiavi di ogni tipo e statuette varie, è il momento dell’attrazione principale: conoscere il Vero Babbo Natale. Una volta percorso un lungo corridoio con immagini della sua storia, sono arrivata alla saletta dove l’avrei incontrato. Ho sentito gridare “arrivo subito” e dopo poco mi si è presentato davanti un grande signore con in mano uno smartphone e con una barba lunga di plastica a coprirgli il pancione. Ha spiccicato due parole in italiano e, dopo avermi chiesto cosa ci facessi in Lapponia, mi ha costretta a sedermi al suo fianco per fare la classica foto ricordo. Andando via la commessa triste mi ha chiesto se volessi acquistarla, mi fece quasi tenerezza con quel suo sorriso speranzoso, ma le risposi gentilmente che non avrei mai speso venticinque euro per una foto con il Babbo Natale più finto che esista. Devo ammettere che malgrado avessi già un’idea di cosa aspettarmi, speravo in qualcosa di un po’ più autentico. Voglio dire, in tutta la Lapponia non esiste un vecchio signore con una vera barba lunga bianca che abbia voglia di rendere felici decine di bambini al giorno? Dovrebbe essere un luogo magico, dove i più grandi possano sentirsi di nuovo bambini e dove i più piccoli possano vivere emozioni indimenticabili; per quanto mi riguarda, è stato uno dei posti più tristi che io abbia mai visto.
Rientrata a casa ho inviato una mail a tutti i miei familiari spiegando che, in parte spinta dal mio spirito minimalista in espansione e in parte grazie a questa esperienza, non avrei più fatto regali di Natale a nessuno.

Niente più tempo, soldi ed energie persi per trovare il regalo giusto, solo un bel sacchettino colorato pieno di biscotti fatti in casa per tutti, meglio no?       

Lapponia parte 2: Renne e cottage

Dopo la notte magica trascorsa nel Mirror Cube e una buona colazione, mi sono rimessa in viaggio: direzione Finlandia! Sul navigatore leggevo “fra 260 km svolta a destra”, quindi una volta impostato il cruise control mi sono goduta lo spettacolo dei paesaggi del nord. Cielo azzurro, strade infinite e alberi, migliaia di alberi. Passato il confine l’unica vera differenza con la parte Svedese della Lapponia, è il fatto che tutte le case (rigorosamente di legno) hanno iniziato a variare di colore: non più solo rosse e bianche ma anche gialle e verdi. A 10 minuti dall’arrivo ho avvistato finalmente la mia prima renna. Mi sono fermata ad osservarla mentre brucava l’erba lungo il bordo della strada.
Ho soggiornato per tre notti in un cottage tutto rosso a due passi dal lago Vietonen. Mi ha accolta Tujia, una grande signora bionda che subito mi ha parlato della possibilità di fare un’escursione di gruppo in canoa sul fiume la mattina successiva. Una volta sistemate le valige, ho fatto un giro in bici nei dintorni dove ho incontrato una renna con un cucciolo intente a mangiare la verdura dell’orto di una casa. Sono rimasta ad osservarle per mezz’ora, credendo di assistere a uno spettacolo insolito, ma ho scoperto in seguito che in realtà è una cosa molto comune. Le renne in Finlandia appartengono tutte a dei privati, ma possono girovagare liberamente durante tutto l’anno. Per questo motivo è proibito cacciarle ma, se una renna rimane nel vostro giardino per diverso tempo e nessuno viene a recuperarla malgrado i richiami, guadagnate il diritto di ucciderla e mangiarla. Non sono una grande amante della carne in generale ma devo ammettere che poche volte nella vita ho assaggiato un filetto così buono. Il fatto che le renne siano libere rappresenta un pericolo solamente lungo le strade, che non sono illuminate quindi è facile incappare in un incidente. Per il resto sono animali socievoli e tranquilli. Mi è stata data anche la possibilità di visitare un allevamento e ricevere molte informazioni da un’anziana signora la quale, fino a 50 anni fa, si recava a scuola su una slitta trainata dai suoi animali per tutto l’inverno. Le temperature minime arrivano di solito fino a -20/-25°C. Mi è stato raccontato però che una decina di anni fa per circa una settimana sono scese fino a -45°C! Impossibile mettere il naso fuori casa.
La discesa del fiume in canoa è stata un’esperienza indimenticabile. Purtroppo il cielo era grigio, ma questo ha reso la pausa pranzo ancora più suggestiva. Una volta attraccate le canoe, ci siamo seduti in una capanna di legno aperta per metà (costruzione tipica della regione che permette a chiunque di fare un picnic riscaldandosi prima di riprendere l’escursione) a mangiare zuppa di alce e bere tè caldo, con il fuoco che ci scaldava i muscoli e il panorama che ci scaldava il cuore. La sera, una volta rientrata, ho potuto  rilassare i muscoli con il calore della sauna all’interno del mio cottage.
Si è conclusa così la terza giornata del mio viaggio; nel prossimo capitolo ti racconterò perché ho deciso di non comprare mai più nessun regalo di Natale.

Lapponia parte 1: Treehotel

Sono stata una settimana in Lapponia ed è stato incredibile. Solo sei giorni al nord sono bastati per ricaricare completamente le pile. Avevo bisogno di staccare e riprendere fiato, riempirmi gli occhi e la mente di cose nuove, così da poter tornare con la giusta energia e riprendere il ritmo di tutti i giorni. Ho trovato milioni di alberi, decine di renne, e davvero poche persone che però hanno fatto la differenza in questa avventura.
Nel 2017 visitai la Norvegia in pieno inverno e restai completamente ammaliata dalla bellezza dell’aurora boreale e dei paesaggi innevati, quindi quando mi si presentò l’opportunità di andare in Lapponia (Svedese e Finlandese) capii subito che sarebbe stata un’esperienza stupenda. Non è la prima meta che le persone si aspettano di sentire quando chiedono “dove vai in vacanza”, ma vi posso assicurare che regala le stesse emozioni di qualsiasi altro viaggio, forse addirittura di più. In particolare a chi, come me, ama il contatto con la natura.
Una volta arrivata al nord della Svezia ho trascorso la prima notte nella cittadina di Lulea. Il giorno seguente mi sono spostata al Tree Hotel per passare la notte. Le strade in Lapponia sono tutte dritte e ci sono solo alberi e campi coltivati a destra e a sinistra. Seguendo il fiume Hedavan, dopo un’oretta di auto, si trova questo hotel unico al mondo. È composto da sette casette sugli alberi, tutte diverse fra loro, sia per dimensione che per caratteristiche. All’arrivo si viene accolti in una grande casa, decorata con mobili antichi e disegni fatti all’uncinetto appesi ai muri. Tè, caffè e biscotti sono a disposizione gratuitamente ad ogni ora. In ognuna delle stanze della casa è sistemato un grande tavolo, dove vengono serviti i pasti in un ambiente tranquillo e conviviale. La cucina è di alta qualitá, preparata da uno chef giovane e molto bravo con prodotti locali tipici: pesce come antipasto, renna come piatto principale e crème brûlée per dessert. Dopo la cena, lungo il sentiero in mezzo al bosco, ho raggiunto il mio alloggio esclusivo per la notte: il Mirror Cube. Una “scatola” di 16m² appesa ad un grande albero, con una piccola terrazza sul tetto e una scala sospesa come accesso. A rendere unico questo hotel è anche il servizio di lusso che offre: doccia in legno e sauna private (a terra), terrazza con vista sul bosco e una jacuzzi per i mesi piû freddi. Per godere della natura in totale privacy.
Sulla terrazza del cubo alle 7 di mattina, con il sole già in cielo da due ore, il solo cinguettio degli uccellini nelle orecchie e intorno solo alberi, mi sono sentita davvero in pace. Un profumo di natura che mai mi scorderò.
Avrei voluto passare molto più tempo in quella casetta sugli alberi. Avevo l’essenziale: un letto, un bagno, acqua potabile e tante finestre. Il Wi-Fi serviva solo per condividere con gli amici la meraviglia che stavo vivendo. Sono andata a dormire e mi sono svegliata seguendo il ritmo della natura, con la sua luce, i suoi suoni e i suoi abitanti. Per una notte mi sono sentita anche io parte delle bellezze del bosco, senza sentirmi intrusa ma solo osservatrice.
Un’esperienza simile aiuta davvero a comprendere come si possa vivere con meno cose e sentirsi comunque (e a volte ancor più) a proprio agio.

“Less house, more home”: Meno casa, meno spazio, meno oggetti, ma più comodità, più pace, più tranquillità e più benessere.

Sii di più, con meno

“Be more with less”
Con meno vestiti, meno decorazioni, meno oggetti, meno mobili, si spreca meno tempo a pulire e riordinare. Con più tempo a disposizione, ci si può concentrare sulle cose che sono veramente importanti, quelle che si ama fare. Concentrandosi di più sulle cose che si ama fare, si è quindi più felici. Semplice no?
Per non parlare dei soldi: più si entra nell’ottica del minimalismo e meno si sente la necessità di comprare oggetti inutilmente. Comprare cose solo per il puro piacere di spendere soldi, senza avere davvero bisogno dell’oggetto in questione. Comprare vestiti perché ci sono i saldi, aggiungendo al mucchio che già abbiamo nel armadio quel paio di pantaloni in più solo perché ha delle sfumature diverse. Prova a contare quanti porta-candele hai in casa e rifletti su quante volte le hai accese quelle candele. Vale la pena stare a spolverarli ogni settimana?
Con questo non voglio dire che bisogna sbarazzarsi di tutti i porta-candele. Il concetto è: non continuare a sprecare il tuo tempo e il tuo denaro con oggetti che alla fine non contribuiscono veramente alla tua felicità. Se avere la casa piena di candele accese ti rasserena, ti rilassa e aiuta il tuo equilibrio, allora anche passare un’ora a settimana a spolverarle non sarà un problema. Se provi gioia e soddisfazione nel cambiare i pantaloni ogni giorno e ti puoi permettere di spendere tanti soldi in vestiti, allora viva lo shopping!
Io però ho deciso che quell’ora passata a spolverare la voglio utilizzare per leggere un libro perché le candele non le accendo mai. E che i soldi che usavo per comprare undici paia di pantaloni scadenti li voglio spendere per comprarne un paio solo ma di buona qualità.
Sii di più. Più libera di fare quello che ti interessa. Più serena e spensierata. Più concentrata su te stessa e le tue passioni.

Sii più felice con meno cose.

Prefazione

Ciao, mi chiamo Luna e questo è l’inizio di un viaggio.
Premetto che non so scrivere benissimo; nei temi di Italiano ho sempre preso sufficiente/discreto perché non so mai bene dove mettere le virgole. La ”H” peró, quella è sempre al posto giusto. Ragion per cui cercheró di far leggere i miei testi al mio fidanzato prima di pubblicarli (lui sí che va forte con queste cose).
Ci ho pensato per qualche giorno prima di avventurarmi in questo blog. Ho passato ore a leggere, informarmi, comparare le diverse opzioni e alla fine ho optato per la scrittura. I video, sí, sono fighi, ma bisogna anche essere capaci a parlare, avere il tempo poi di “editarli”, prepararsi tutto il copione eccetera. E soprattutto, bisogna avere una certa autostima. La mia autostima, per ora, mi permette al massimo di nascondermi dietro questa tastiera e buttare giú i miei pensieri. Inoltre, scrivere ha il vantaggio di potersi correggere facilmente e di poterlo fare a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza disturbare nessuno.
Detto questo, si parte!

I viaggi negli ultimi anni sono stati una specie di fissazione. Dopo il liceo mi ero impuntata su l’idea di voler girare il mondo: vedere tutti i paesi possibili, conoscere persone, vedere tanti animali, ecc.
Ma il viaggio di cui parlo in queste righe è di tutt’altro tipo. Parlo di un viaggio interiore, di quelli che non ho mai fatto come si deve, di quelli che hanno l’obiettivo di farti cambiare, di riequilibrarti.
Ho quasi 26 anni, vivo lontano da casa e negli ultimi mesi sto mettendo in discussione tante cose della mia vita. Se faccio la somma degli obiettivi raggiunti finora, mi ritrovo con poco: un diploma, una buona e bella relazione con tutta la mia famiglia (malgrado la lontananza), pochi amici ma eccezionali, e un Amore grande.
Il mio lavoro e i miei hobby però non mi soddisfano più. Le giornate sono lunghe, noiose, sempre alla ricerca di qualche stimolo per passare il tempo. Il mio fidanzato mi riempie di gioia e vivere insieme a lui è la cosa più bella che potessi chiedere, ma quando lui non c’è tutto ritorna grigio. Sto capendo che questo grigiume dipende solo da me e, se voglio ridare un po’ di colore alla mia vita, sta a me fare il primo passo. Queste poche righe sono il mio primo passo.
Spero che questo viaggio mi porti lontano, mi faccia scoprire nuove cose, mi faccia ritrovare spensieratezza e felicità. Mi ridia un ritmo e degli obiettivi che possano finalmente dare un senso alle mie giornate.
Questo viaggio, che inizia oggi, si chiama Minimalismo.

A presto.